Il Lazzaretto di Bergamo

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"ANNO DOMINI 1423. I LAZZARETTI VENEZIANI. L’invenzione della quarantena dalla Laguna ai giorni nostri. Salute, informazione, diplomazia."

Una mostra in occasione dei 600 anni dall’istituzione del primo Lazzaretto stabile della Storia, cioè il Lazzaretto Vecchio nella Laguna di Venezia, e per contribuire alla conoscenza, salvaguardia e valorizzazione del Lazzaretto di Bergamo, a valle del triennio di pandemia da Covid19 che ha colpito con particolare gravità la zona orobica.
Allestita sotto i portici del Lazzaretto di Bergamo, una ventina di pannelli accompagna il visitatore lungo un percorso storico che parte dagli esordi della scienza medica nel Medioevo e giunge fino all'attualità degli accordi sanitari internazionali legata alla recente emergenza pandemica. 

La mostra è realizzata dall’Ecomuseo dei Lazzaretti Veneziani in collaborazione con gli Amici delle Mura di Bergamo e la Scuola Grande di San Marco; con il patrocinio di Ministero della Cultura, Regione Veneto ULSS3, Regione Lombardia, Provincia di Bergamo, Comune di Bergamo e Comune di Venezia. Inaugurata sabato 9 settembre 2023 ore 16.00, in questa prima fase sarà aperta fino a sabato 23 settembre 2023 da lunedi a sabato con orario 9.00-18.00, e sarà in seguito resa permanente. 

Strumenti redazionali e contenuto evoluto
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Il Lazzaretto di Bergamo oggi

STORIA DEL LAZZARETTO DI BERGAMO

 

All’interno del costituendo sistema dei Lazzaretti veneziani, tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento la Repubblica di San Marco, dopo la sua espansione in terraferma, costituì lungo i suoi confini degli ulteriori presidi sanitari stabili, allungando così le “frontiere del contagio”, anche per completare, in accordo con le autorità locali, il sistema doganale nei suoi territori. 

 

-Origini e struttura-

 

L’esigenza di un lazzaretto a Bergamo emerge fin dal 1486; nel 1504 fu posata la prima pietra dell’edificio, nel 1581 terminarono i lavori di costruzione. Il modello di questa struttura fu quasi certamente il Lazzaretto di Milano (1448-1509), con l’innesto di importanti modifiche secondo i dettami funzionali, soprattutto dal punto di vista igienico, espressione di un nuovo sapere e della nuova concezione sanitaria dell’epoca. 

 

Il Lazzaretto di Bergamo è ancora oggi quasi integralmente conservato, grazie al continuo riuso nel corso dei secoli: l’impianto è rimasto inalterato nelle diverse destinazioni che si sono susseguite, per quanto con evidenti e profonde trasformazioni. La struttura quadrangolare è costituita da ottantaquattro celle, precedute da un portico ad archi su colonne. Al centro del recinto si erigeva una chiesetta molto semplice, che nel 1645 risulta distrutta, poi probabilmente fu rimodernata intorno al 1710 e quindi nuovamente distrutta nel 1868. Anche nel caso bergamasco, corsi d’acqua circondavano l’edificio su tre dei suoi lati, in modo da aumentare l’isolamento con l’esterno e permettere il deflusso delle acque interne. 


-Nei secoli fino ad oggi-

 

La struttura svolse la funzione di ospedale per l’intero periodo di invasione della peste e quindi delle epidemie di colera nei secoli successivi. Nel Settecento fu impiegata come caserma per truppe mercenarie svizzere al soldo della Repubblica di Venezia; nell’Ottocento tornò alla sua funzione iniziale di ospedale per i contagiosi; successivamente fu mercato del bestiame, recinto per gli stalloni reali, caserma, magazzino, coloniaper i bagni di sole della Croce Rossa, campo di concentramento e carcere durante la Repubblica di Salò, restando nella memoria come luogo di esecuzione di prigionieri politici. 


Nel 1968 il Comune di Bergamo ne ha rivendicata la proprietà, trasformandolo parzialmente in magazzino. Ormai circondato da costruzioni civili sorte tra gli anni Sessanta e Settanta, è oggi accanto allo stadio di calcio. Alcune celle sono abbandonate, altre concesse ad associazioni; due camere sono state riportate all’assetto in cui vennero edificate inizialmente, raccogliendo elementi da diverse stanze, durante l’intervento di restauro condotto dall’ingegnere Giovanni B. Rossi.

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