di Walter Panciera (Università di Padova)
Prima dell’avvento dei bastimenti a vapore, era necessario rimorchiare i grandi velieri all’interno della Laguna di Venezia, come si fa ancora oggi purtroppo per le grandi navi. I rimorchiatori dell’epoca, le cosiddette peote a otto o a dieci remi, andavano incontro ai velieri in arrivo a volte in mare aperto, oppure presso le zone di ancoraggio fuori delle bocche di porto, cioè la cosiddetta Punta di Piave a nord, prospiciente all’attuale litorale del Cavallino, e il sorgitore di Pelorosso al largo degli Alberoni. Quando invece i velieri dovevano uscire dallo spazio lagunare, le peote andavano a prelevarli nei luoghi dove si trovavano alla fonda. Infine, i rimorchiatori servivano anche a trascinare le chiatte (peate) cariche delle merci scaricate dai velieri verso i Lazzaretti, nei casi in cui era prevista la quarantena.
La procedura ufficiale per il rimorchio dei velieri prevedeva che l’Ammiraglio del porto, molto più spesso quello di Malamocco, perché da San Nicolò passavano ormai solo bastimenti con pochissimo pescaggio, dovesse scortare con le peote a sua disposizione i bastimenti in arrivo o in partenza, oppure autorizzare altri rimorchiatori a svolgere questo compito. Numerosi erano però gli abusi e le eccezioni cioè le operazioni di rimorchio effettuate senza autorizzazione o addirittura in modo fraudolento.
Coloro che esercitavano questo mestiere, i cosiddetti rimorchianti, erano tutti popolani veneziani, di diversa provenienza: il quartiere-isola di Quintavalle nella parrocchia di San Pietro di Castello; il sestiere della Giudecca; Malamocco e le altre comunità litoranee dall'altro lato della sua bocca: Porto Secco, San Pietro in Volta e Pellestrina. La consistenza complessiva della flotta di rimorchiatori ci è parzialmente nota solo al momento della sua tardiva costituzione in arte nel 1789, quando venne fissata in otto peote da dieci remi e trenta peote da otto remi, per un totale di 320 uomini in servizio. Possediamo anche il numero dei padroni di peote di Malamocco nel 1745, che erano undici.
Purtroppo però, non è possibile definire con certezza l’evoluzione nel tempo delle reali dimensioni dell'intera flottiglia in servizio, certamente più numerosa, perché spesso non si trattava di barche esclusivamente dedicate al rimorchio, né i loro equipaggi erano fissi. I vogatori reclutati di volta in volta svolgevano anche altri lavori: il mestiere del rimorchiante costituiva spesso una modalità di integrazione del reddito per qualche centinaio di famiglie del litorale veneziano, connessa alla vocazione mercantile e marinara della città.
Approdi e principali vie di transito nella Laguna di Venezia (1789)
Nell’inchiesta promossa nel 1788, i rappresentanti di Malamocco asserirono che solo i rimorchianti delle barche più grandi a dieci remi svolgevano il mestiere a tempo pieno ed erano in grado di scortare i bastimenti già in mare aperto. Tutti gli altri, impegnati su ventidue barche a otto remi, esercitavano il mestiere solo a partire dalle bocche di porto e all’interno della Laguna, costretti dalla necessità a fare gli ortolani o a emigrare in inverno. Ad esempio, i patroni di peota di Castello erano anche dei rematori o meglio dei capi di barca, mentre quelli di San Pietro in Volta non si distinguevano affatto dagli altri "pescatori, ortolani e marinari, e manovali" che costituivano gli equipaggi delle loro peote a otto remi, impegnate per antica consuetudine solo a partire dal 7 ottobre, anniversario di Lepanto. E a proposito dei Lazzaretti in isola - il Vecchio, il Nuovo e anche Poveglia dagli anni Novanta del XVIII secolo - va notato che senza i rimorchi nessuna merce né nessun ospite avrebbero potuto raggiungere i luoghi di quarantena, a causa dei canali troppo stretti e poco profondi che li circondavano.
La presenza di imprenditori del rimorchio ovvero ‘parcenevoli’ era una realtà ampiamente attestata. L’ingaggio dei rematori avveniva in questo caso a cottimo: il capitano del bastimento pagava il dovuto direttamente al parcenevole e gli rilasciava una polizza come prova dell'avvenuta liquidazione, perché quasi sempre i rimorchianti non erano in grado di rilasciare una ricevuta firmata, in quanto per lo più analfabeti. Compaiono anche le figure dei mediatori, che organizzavano il traino per l’uscita dalla laguna. Quando si trattava di prelevare i bastimenti all'ancora, i mediatori che usavano stazionare presso il Ponte di Malamocco (Ponte di Borgo), procuravano il trasporto e chiedevano per questo una senseria per ogni barca mobilitata. Inoltre, un ruolo analogo era rivestito per i bastimenti di Stato da un appaltatore, il quale aveva il compito di erogare ai rimorchianti la retribuzione dovuta per conto del Magistrato all'Armar.
La professione del rimorchiante non costituiva comunque un impiego puramente occasionale, né un servizio residuale. Il movimento in entrata e in uscita dei bastimenti dalle bocche di porto veneziane era ancora tale, fino a tutto il Settecento e oltre, da garantire ai rimorchiatori una certa regolarità nel lavoro. Si trattava in pieno Settecento di una media di circa una trentina di velieri di grande tonnellaggio al mese. Il movimento era più intenso nei mesi estivi piuttosto che in inverno, ma in tarda primavera e nel primo autunno si rivelava di solito abbastanza consistente e, in ogni caso, il movimento dei mercantili non cessava mai completamente lungo tutto il corso dell'anno.
L'articolo è stato pubblicato nel numero di aprile 2022 del magazine de La Biblioteca delle Isole (rubrica "L'Argomento").
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Peota da rimorchio. Bernardo Canal, Veduta dell'ingresso al Canal Grande verso Ovest, ca. 1735, galleria Salamon di Milano, n. 708